ComunicAZIONE
Negli ultimi giorni girano sui social alcuni video che ritraggono gli attivisti di “Ultima Generazione” mentre bloccano i mezzi in transito sul Grande Raccordo Anulare (che circonda la capitale) creando con i loro corpi una catena in mezzo alla carreggiata. Questa associazione chiede da tempo di cessare l’estrazione combustibili fossili e costruire un’alternativa energetica basata sulle risorse rinnovabili; non ascoltati, gli attivisti hanno iniziato a creare dei blocchi in giro per l’Italia, costringendo le macchine a fermarsi, cercando di sensibilizzare sull’argomento sia i singoli cittadini che le varie amministrazioni locali e nazionali.
Ovviamente questi episodi hanno attirato l’attenzione dei media e su tutte le piattaforme hanno iniziato a diffondersi video dei protestanti distesi in mezzo alla strada, alla mercé dell’ira degli automobilisti che, inferociti, inveiscono contro la catena umana di fronte a loro con strazianti monologhi, cercano di spostare con la forza i protestanti distesi a terra e, nei peggiori dei casi, investono i ragazzi che ostruiscono il passaggio del loro mezzo. Nell’esasperazione generale, però, le motivazioni degli automobilisti sembrano più che sensate: “Non è me che dovete bloccare. Protestate sotto il parlamento!” “Stiamo andando in ospedale!” “Sto andando a lavorare, per dar da mangiare ai miei figli.” Tutte ragioni pienamente condivisibili. Ma la risposta dei protestanti è agghiacciante: “Voi andate a lavorare, ma i vostri figli non avranno di che sfamarsi; non ci sarà acqua per irrigare i raccolti, mangime per mantenere gli allevamenti e gli scaffali dei supermercati resteranno vuoti. Questo è il futuro che aspetta i vostri figli se non cambiamo qualcosa adesso.”
Sicuramente i membri di “Ultima Generazione” erano animati dalle migliori intenzioni, ma è davvero questo il miglior modo di comunicare? Senza dubbio quello adottato è stato il modo migliore per far incazzare un sacco di gente e anche, considerando il caldo di quei giorni e la quantità di veicoli rimasti con il motore acceso per l’aria condizionata, il più dannoso per l’ambiente.
D’altra parte, però, c’è l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico, di farlo subito, di farlo in massa e ancora oggi troppe persone non prendono il problema sul serio.
Come facciamo ad affrontare la questione? È possibile aprire un dialogo? Non un dibattito, un dialogo, dove ci si parla.
Nell’antica Grecia i teatri erano i luoghi della meditazione civile e i testi che ci sono arrivati da quel periodo ci fanno capire come, per affrontare qualcosa che li riguarda personalmente, della quale non si riesce a parlare senza finire in un conflitto, gli uomini hanno bisogno di uscire da se stessi e specchiarsi. Teatro, specchio.
La società in cui viviamo si è dimenticata di lasciare un tempo e un luogo per dialogare.
Ora più che mai è necessario.
Va ricostruito.
PIETRO MACCABEI