L'Osservatorio dei Ragazzi
Non c'è nulla di più paternalistico del cattivo teatro-ragazzi. E di questo atteggiamento non si possono incolpare quelle rappresentazioni ludiche, favolistiche e digiune di ambizioni artistiche, che si posizionano da sempre fuori dalle reti della storia dell'arte. Queste scene snobbate – di pupi, streghe, animali – resisteranno con buona pace dei loro interpreti; il pubblico giovane continuerà a gioire davanti a carretti e teatrini di cartapesta anche se non troveremo gli autori nelle pagine dei libri di storia. Ma se la critica ha perso interesse per la selezione estetica e politica di tutto il restante teatro, non si può tuttavia rinunciare al diritto di storcere il naso se a teatro ci dobbiamo mandare il sangue del nostro sangue. E questo “Soldato Pace” cui abbiamo assistito alla “Casa del Teatro Ragazzi e Giovani”, insieme all'”Osservatorio dei Ragazzi” implora di ritrovare le coordinate per un buon teatro.
Non c'è nulla di più prezioso, infatti, di un adulto che scrive del buon teatro-ragazzi, poiché gli è richiesta una costosa astensione. Di questa virtù si può vantare chi ha realizzato il monologo con protagonista Daniele Marmi. Per molto tempo infatti abbiamo creduto che scrivere per ragazzi ci chiedesse di tapparci la bocca sui temi dei “grandi”. Questa censura sembra oggi più che mai fuorviante. Non è vero che i bambini non possono afferrare le cose “da grandi”: abbiamo smesso di considerare la giovinezza come il medioevo dello sviluppo. Ma non abbandoniamo tuttavia la tentazione opposta: come eterni Peter Pan tendiamo a considerare questa giovinezza sempre attuale. Ma non lamentiamo che questa giovinezza sia sempre più sfocata, lontana, assente man mano che le esperienze si accumulano? Un “grande“ che non si risolve a “parlare al passato” del proprio passato rischia di fare la parte del maestrino, dell'impostore. Un discorso adulto che affronta la giovinezza infatti è sempre luttuoso dal momento che attraverso una perdita la giovinezza si consegna all'età adulta. Ogni parola di un “grande” su quella patria perduta non risuona soltanto come una consolazione: anzi puzza di moraletta, di predica. Così anche il teatro-ragazzi è diventato una cosa “da grandi”. Tuttavia l'adulto può saziare la sua sete di controllo con molto meno. Non gli basterebbe forse rievocare quella patria perduta e immaginarla? E questo è il senso della preziosa astensione di cui si foggia il “buon” teatro-ragazzi. La rinuncia quindi non può riguardare la letteratura. Il testo portato da Bronzino è una prova, per mezzo di un adattamento di una novella di quel Michael Morpurgo di “War Horse”, da cui Spielberg ha tratto il film pluricandidato all'Oscar nel 2012. Lo spettacolo mostra la possibilità di scrivere un “personaggio giovane” per i giovani: per scriverlo i grandi non devono rinunciare a essere “grandi”; devono invece fare i conti con l'assoluta differenza dai più “giovani” di loro. E di questo paradosso devono nutrire la letteratura per bambini e per ragazzi.
La “Guerra del Soldato Pace” non è uno spettacolo sulla guerra. È l'evocazione di questa e di tutto ciò che la precede in memorie notturne. Il ricordo dell'infanzia, di un padre, del primo amore sono la prova della presenza del passato. Ma nel racconto del giovane britannico in trincea nelle Ardenne si trova il pretesto del superamento del passato nella separazione, tema fondamentale della giovinezza, che nel motivo bellico scopre la rappresentazione della sua fragilità. (Qualcuno si ricorderà i soldati di Ungaretti: «[...] dell'uomo presente alla sua / fragilità. / Fratelli»). La fratellanza, la gelosia, la nostalgia e la vergogna non sono che didascalie nel quadro della giovinezza. Il destino della giovinezza è compiersi nella separazione, poiché l'individuo si può finalmente differenziare quando si riconosce unico e individuale. La separazione quindi non riguarda lo sradicamento, bensì l'armonia fra apertura e memoria. È piuttosto il fondamento della formazione di ciascuno di noi, che lo psichiatra Murray Bowen ha notato nell'individuazione di sé e nella differenziazione dalla propria famiglia.
Per questo crediamo che proprio nell'”Osservatorio dei Ragazzi” risieda il presupposto di fare del buon teatro-ragazzi. Se il teatro è, come ha detto Walter Benjamin, l'«intera vita inquadrata nella sua incommensurabile pienezza», è irrinunciabile che bambini e ragazzi riscoprano il valore della riflessione su di esso. La riflessione è lo strumento di differenziazione del sé. Nel commento personale di ognuno di loro c'è la forza per accedervi anche al di qua della scena. L'”Osservatorio dei Ragazzi” con Micol Jalla, che è nato nel 2021, rimette in discussione la funzione dei giovani nel teatro che è loro destinato. Pochi di noi possono dire di aver realmente dato voce al teatro-ragazzi. Oggi i protagonisti della rappresentazione sono relegati in platea. Il buon teatro-ragazzi non può più rinunciare a bambini e giovani che cantano il proprio coro. Eppure nell'istituzione del commento allo spettacolo, che troppe volte ci è stato assegnato, e altrettante non ci è stato insegnato, si può ancora trovare il fondamento dello stesso progresso.
FABRIZIO WALTER ARTERO