Una Polemica Inutile

Dopo uno spettacolo di Papaionnou, con dei versi di Holan.

Questo mondo mi chiede di essere eccitato. Mi abitua a guardare, o a passare lo sguardo sulle cose, perché possa avere il diritto di dirsi democratico qualora un giorno mi svegliassi. Ma gli uomini / parlano di questo inutilmente / sotto un soffitto di madreperla… Lo spettacolo che ho visto non dovrebbe essere guardato. Ma guardare è tutto quello che mi chiede, ed è poco. E stavolta, guardare, è bellissimo: perciò mi siedo e guardo. Nei primi minuti mi è capitato di sorridere ad un gioco di clown. È stato breve, peccato. Magari sorriderò di nuovo. Cominciano le Immagini - vedo un toro. Caspita, un toro a grandezza naturale che pare vero, per un attimo lo è. In realtà, è manovrato da uomini vestiti di nero, elegantissimi. E qui mi sono sganciato da quello che avevo davanti perché ho cominciato a immaginare: ma se quel toro lì fosse vero? me lo sono visto correre a destra e sinistra, scaraventare i performer, obbedire soltanto alla rabbia e il palco si era trasformato in una larga via di Pamplona - forse avrebbero potuto mostrarmi questo e scegliere di raccontarmi una storia: sapevo che ne erano capaci, potevo intuirlo, eppure se lo sono tenuti per loro. Dopo il toro, non so più - perché non scrivo nel tempo dello spettacolo, scrivo adesso che è tardi, è passato qualche giorno e non mi ricordo niente. Farò una sfilata di attrezzi (sempre neri) che ho visto comparirmi davanti in quell’ora e cinquanta: scale che si possono piegare, la rete di un letto che pure si piega, tanti mattoni finti, un secchio d’acqua, un uomo vestito da subacqueo, un uomo nudo, due uomini nudi una donna nuda tre uomini nudi quattro cinque sei uomini nudi - pronto? pronto: una vagina di un metro e settanta con al suo interno una donna che tiene in mano un feto gocciolante di qualcosa una cicciona nuda che si sorregge su due bastoni il palcoscenico che viene demolito perché sotto c’è una piscina d’acqua. Ma forse c’era dell’altro. Sicuramente c’era dell’altro. Come una luce al neon che va e viene. Questo mondo mi chiede di acquistare smaltire processare digerire sintetizzare. Ma piano, ho bisogno di - tempo. E di relazioni sincere tra le cose, e le anime, ma sto imparando a farne a meno e mi constato, tristemente, che mi sto abituando. E come sei torturato all’immagine / e poi spezzato, per incorniciarla! Quando il toro ha fatto la sua comparsa il primo pensiero è stato Borges col suo Minotauro. Non penso a Borges molto spesso, quasi mai. Il mio istinto, non animale ma piccolo borghese, mi induceva a farmi intelligente. Mi sforzavo di credere che al di là della bellezza stavano sparsi dei simboli, un rimando a qualcos’altro. Ma non era così, era un pregiudizio. Stavo guardando qualcosa di bello (si potrebbe più giustamente dire “di impatto”) e avrei dovuto accettarlo, e prima di me, avrebbe dovuto accettarlo Papaionnou. È stato un mazzo, opulento, di significanti. Senza neanche uno spazio privato per sognare. E questo non lo reggo più, perché? comunque, sarei voluto tornare a casa di corsa a rileggermi Borges - questo glielo devo. Questo mondo mi dà l’impressione di non essere più capace ad avere a che fare con dei contenuti: ogni cosa è forma - come quelle che si fanno in spiaggia da bambino, con gli stampini, che basta un piede di zia distratta e non esiste più niente. Cosa dicono queste forme vuote? l’art pour l’art non c’entra - poteva essere uno slogan di senso e una provocazione, nient’affatto una giustificazione. Chi diceva così non aveva certo bisogno di giustificarsi, agiva. E perché, oggi, le forme non dicono più niente? perché c’è Instagram - perché posso non pagare un biglietto (visto quello che costa...), perché posso scegliere cosa guardare nello stesso momento in cui lo guardo, perché scrollare il profilo di un fotografo capace mi avrebbe permesso di godere all’istante di una quantità infinita di belle immagini, fino alla saturazione e all’indifferenza, senza dovere andare a teatro. In un’intervista Fernanda Pivano ricorda una volta che Pavese le lesse una poesia, ed era andata più o meno così: una - perché non un’altra? perché altrimenti quella che ti ho appena letto non la ricorderesti più. Ho voglia di spendere il mio tempo e sentirlo fluire. Ho bisogno di immergermi nelle profondità. Sono state messe in scena delle trovate, degli effetti, le possibilità di una grande produzione teatrale. E ho voglia di sperare che di questo non ce ne sia bisogno. Quest’anno già due volte gli alberi han dato il frutto... / Anche le menzogne ormai hanno tanti frutti, / che la vita è intollerabile…

Eppure Papaioannou è un’artista, è un bravissimo disegnatore. Lo so, lo seguo su Instagram.


LORENZO TOMBESI